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Nel 2007 il Pime ha celebrato i suoi 140 anni in Birmania (1867-2007, Myanmar dal 1989). I primi missionari dell’Istituto milanese furono inviati dalla Santa Sede per evangelizzare la “Birmania orientale”, una regione estesa come l’Italia, abitata non dai birmani (la razza maggioritaria), ma dai tribali di varie etnie e di religione animista. L’Istituto ha fondato una arcidiocesi (Taunggyi) e cinque diocesi: Toungoo, Kengtung, Lashio, Loikaw e Pekong, tutte con vescovi, preti e suore locali, con il 40% dei cattolici di Myanmar, cioè 271.500 battezzati su 680.230 nelle 16 diocesi del paese, che conta circa 50 milioni di abitanti. I sacerdoti locali nelle sei diocesi fondate dal Pime sono 400 su 457 delle altre 10 diocesi. Un sacerdote ogni 800 battezzati circa mostra la forza della fede nelle comunità cristiane di Birmania (in Italia circa uno su 2.000).
La storia del Pime in Birmania si divide in tre periodi:
– il tempo dei pionieri (1867-1927). Esplorazione del territorio, primo annunzio alle tribù mai evangelizzate, fondazione delle prime comunità cristiane, educazione e promozione dei tribali per elevare il loro livello di vita.
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– la maturazione della Chiesa locale (1927-1966). Inizio dei seminari e dei noviziati per le suore, formazione dei catechisti, nascita delle associazioni cattoliche, traduzione dei testi cristiani nelle varie lingue locali.
– il tempo attuale sotto la dittatura militar-comunista (1962-2011), che penalizza e marginalizza la Chiesa, la quale acquista un ruolo di rilievo nella società birmana. Padre Clemente, con i suoi 65 anni di missione, ha imbroccato tutti e tre questi periodi storici della missione birmana.
Il duro tempo del primo annunzio di Cristo
1) Il tempo eroico dei pionieri. Fino alla fine del 1900 la Birmania orientale (dove ha operato il Pime) non era ancora governata dagli inglesi. Quando nel 1867 i primi quattro missionari giungono a Toungoo sul fiume Sittang, questa era l’ultima città verso oriente dove c’era un governatore inglese. Oltre il fiume si estendeva il vastissimo territorio montagnoso e forestale dove vivevano molte tribù sempre in guerra fra di loro, governate dai loro re indigeni (saboà). Popolazioni disprezzate dai birmani e dagli inglesi perché “selvaggi”. Il governatore inglese di Toungoo (oggi si chiama Taungngu) dice al padre Eugenio Biffi che se i giovani missionari italiani attraversano il Sittang, escono dalla protezione inglese e vanno incontro a gravi pericoli. Biffi risponde che ringrazia della protezione inglese, ma “noi siamo sotto la protezione di Gesù Cristo”. Questo era lo spirito dei pionieri che dal 1967 al 1927 hanno fondato due diocesi (Toungoo e Kengtung) partendo da zero.
Anche il Beato Clemente ha vissuto in pieno questo tempo dei pionieri, 50 anni dopo i suoi confratelli di Toungoo. Infatti giunge nel 1924 a Monglin, che era l’ultima missione della nascente diocesi di Kengtung verso est, quindi la più lontana e isolata. Tempi duri di autentico eroismo: miseria del popolo, isolamento (mesi e mesi senza vedere un confratello), diverse lingue, guerre, povertà dei missionari, cibo misero e mancanza di assistenza sanitaria e di medicine. Nei primi 60-70 anni del Pime in Birmania, i missionari italiani morivano spesso giovani (parecchi dai 25 ai 35 anni) per scarso e povero cibo, mancanza di medicine, sfinimento di forze.
Anche con padre Vismara, Cristo ha portato una rivoluzione profonda e positiva nella vita di quei popoli, ha umanizzato le culture, ha portato la pace. Clemente si è preoccupato di elevare la condizione umana dei tribali, li ha stabilizzati sul territorio attraverso le scuole, l’assistenza sanitaria data dalle suore e il miglioramento delle loro tecniche agricole. Ha insegnato a costruire in muratura, la lavorazione del legno e del ferro con strumenti moderni; ha introdotto la vite, varie verdure e il frumento; ha canalizzato l’acqua, ecc.
La maturazione della Chiesa locale
2) La maturazione della Chiesa locale. Dopo la fondazione delle prime due diocesi da parte del Pime (Toungoo e Kengtung), dalla moltiplicazione delle scuole missionarie nascono i primi capi tribù cattolici, catechisti, infermiere e maestre locali; la prima tipografia che stampa nelle lingue indigene. Qual’era il metodo pastorale? Dare un forte senso di appartenenza a Cristo e alla Chiesa e fin dall’inizio infondere lo spirito missionario nei cristiani quando ancora sapevano pochissimo della fede. Ci sono dei bellissimi esempi di neofiti che lavorano nei villaggi non cristiani e parlano della fede nel Dio dell’amore che hanno trovato. I capi chiedono il padre, le suore, la scuola, il catechista, le medicine.
Dopo la prima guerra mondiale, viene fondata l’Azione cattolica (sul modello di quella italiana), riconosciuta come associazione laicale autonoma dalla Chiesa, che prende posizione anche politica e contro i saboà che perseguitano i cristiani; porta la pace fra le tribù e riempie il paese di segni cristiani: all’ingresso di ogni villaggio cristiano una grande croce e sulla cima del monte Dilimikhò (1933), il più alto della regione cariana (1800 m.), una Croce maestosa, alta 22,50 metri e un braccio trasversale di 8 metri, di legno-ferro inattaccabile dalle termiti. I suoi otto grandi specchi riflettono il sole e si vedono da decine e decine di chilometri! Trascinare e tirar su a mano in montagna quei legni pesantissimi e poi riuscire a unirli e ad erigere la Croce, è un’avventura che ancor oggi riempie di orgoglio i cariani. Noi facciamo vedere le nostre cattedrali, i cristiani cariani ti segnalano da lontano il sole riflesso dalla Croce del Dilimikhò.
Nel 1934 inizia l’avventura di formare i preti locali. Impresa difficile, ma incominciata molto prima che in altre missioni, dove la maggioranza dei missionari pensavano che era impossibile tirar fuori dei preti e delle suore da quelle popolazioni ancora semi-selvagge! Il seminario a due piani, opera dei fratelli Felice Tantardini (di cui è in corso la causa di canonizzazione) e Pietro Giudici è stata per lunghi anni la più maestosa costruzione a Toungoo: per l’inaugurazione, sfilata di otto auto, quattro elefanti e migliaia di ragazzi e ragazze delle scuole cattoliche con le loro divise scolastiche! Un avvenimento per una cittadina in cui a quel tempo non succedeva mai nulla.
«Da questi teneri, cari, amati e spennacchiati virgulti, sorgerà (non ne dubito) la nostra Chiesa». Così scrive in una lettera padre Vismara. E così è stato. Sulla scia della sua testimonianza missionaria diversi ragazzi e ragazze delle sue parrocchie hanno preso la via del sacerdozio e della consacrazione religiosa: quattro i sacerdoti e sette le suore. Altri hanno messo su famiglia, dedicandosi alla catechesi e al servizio della comunità cristiana in altre forme.
La Chiesa sotto la dittatura militare
3) Nel tempo attuale maturano i frutti. Nel 1955 la Santa Sede promuove la Chiesa di Birmania con il riconoscimento di sei diocesi e due arcidiocesi, da quelli che prima erano prefetture e vicariati apostolici. Nel 1956 si celebra nella capitale Rangoon (oggi Yangon) il primo ed unico Congresso eucaristico nazionale, con la partecipazione di circa 50.000 cattolici da ogni parte del paese e di 27 vescovi da diversi paesi asiatici. L’avvenimento è ricordato per lo spettacolo di fede e di unità dei cattolici e soprattutto per la presentazione di un popolo di tribali che sfilavano ordinati e gioiosi nei loro costumi tradizionali. Il quotidiano nazionale scriveva: “E’ stata una imprevista e sorprendente manifestazione di come la religione può trasformare e unire popolazioni divise in tutto il resto”.
Prima dell’incontro con i missionari (cattolici e protestanti), i tribali birmani vivevano ancora in un’epoca “preistorica” (non avevano scrittura). Oggi hanno i loro stati federati nell’Unione birmana, governati dalle loro etnie, quindi con tutta una classe intellettuale e media di buon livello, nata dalle scuole missionarie. Anche la Chiesa è cresciuta. Nella “Birmania orientale” evangelizzata dal Pime nascono altre quattro diocesi: Taunggyi nel 1961 (dal 1998 arcidiocesi), Lashio nata proprio da Kengtung (1975), Loikaw (1988) e Pekong (2005).
Ma nel 1948 riprende la guerra civile fra il governo dominato dai birmani e i tribali che vogliono maggior autonomia e anche l’indipendenza dalla Birmania. Nel 1962 il generale Ne Win assume il potere con un colpo di stato per riportare l’ordine, dando inizio al regime militar-socialista (il “Socialismo birmano ispirato al buddhismo”), dichiaratamente ateo e totalitario, che ancor oggi mantiene la Birmania in uno stato penoso di dittatura e sottosviluppo. Nel 1964 e 1965 il governo requisisce tutte le scuole e le opere sanitarie delle missioni cristiane e nel 1966 espelle i missionari stranieri più giovani, entrati dopo l’indipendenza il 4 gennaio 1948. Le diocesi passano subito quasi tutte a vescovi locali, eccetto Taunggyi dove mons. G.B. Gobbato del Pime viene richiesto dai vescovi birmani e dalla Santa Sede di rimanere al suo posto fino al 1989.
In tutto vennero espulsi, tra preti e suore, 232 cattolici e 18 protestanti. Il Pime aveva 60 missionari italiani, ne vengono espulsi 6 da Taunggyi, 12 da Kengtung; allo stesso modo espulse 18 suore della Riparazione e 36 di Maria Bambina. Del Pime rimangono in 18 (15 padri e tre fratelli) a Taunggyi e Toungoo, 9 dei quali a Kengtung, che nell’ultimo anno avevano perso il vescovo mons. Ferdinando Guercilena, tornato in Italia per un’operazione chirurgica urgente e non più accettato dal governo birmano nel suo ritorno in Birmania! Il vescovo, dopo molti tentativi persino attraverso l’Onu, è morto di crepacuore il 5 maggio 1973.
La testimonianza data dai missionari del Pime, rimasti soli dopo questa espulsione senza alcuna speranza di avere rinforzi, è stata proprio secondo lo spirito missionario dell’Istituto: servire la Chiesa locale fino all’ultimo. Sono infatti rimasti in Birmania con lo stillicidio delle morti, fino all’ultimo, padre Osvaldo Filippazzi nel 1996 (era compagno di Vismara, ultimo nella diocesi di Kengtung), Giuseppe Fasoli nel 1998 (morto a 96 anni dopo 72 anni di missione in Birmania), mons. G.B. Gobbato nel 1999, padre Angelo Di Meo nel 2000 e padre Paolo Noè nel 2007. Così si è chiusa l’epopea dei missionari del Pime in Birmania, che però hanno continuato a rimanere in contatto con le diocesi fondate, con la preghiera e aiutandole in vari modi.
Non solo con aiuti economici e con numerose visite alle diocesi da parte di missionari dell’Istituto, ma inviando missionari per insegnare teologia nel seminario maggiore teologico a Yangon e nell’anno di spiritualità prima della teologia, che si tiene nel seminario di Taunggyi. Infine, aprendo le porte del Pime ai seminaristi birmani che desiderano entrare nell’Istituto. Questo è stato possibile dopo il 1989, quando nell’Assemblea generale del Pime a Tagaytay (Filippine) si è deciso, con l’approvazione di Propaganda Fide da cui il Pime dipende, di aprire alle vocazioni missionarie dai paesi di missione che abbiamo evangelizzato. Oggi abbiamo sei sacerdoti birmani, più uno ordinato sacerdote in questo 2011. Così il Pime, che è stato il secondo istituto missionario (dopo le Missioni Estere di Parigi) ad evangelizzare la Birmania, sarà ancora collegato alla giovane Chiesa di Myanmar.
Infine il Beato Clemente Vismara, “Patriarca della Birmania” secondo i vescovi locali, rimarrà nella devozione dei fedeli come modello di una tradizione apostolica che non si è mai interrotta. Il Pime ha già dato un Beato alla Chiesa birmana, padre Paolo Manna (1872-1952) beatificato da Giovanni Paolo II nel 1951; e poi tre altre cause di beatificazione già in corso: due di martiri, padre Mario Vergara (1910-1950) e padre Alfredo Cremonesi (1902-1953) e poi del fratello Felice Tantardini, “Il santo col martello” perchè era fabbro ferraio (1898-1991).
Lo Spirito Santo ha saputo creare una Chiesa così viva come quella birmana e in particolare delle sei diocesi fondate da circa 170 missionari del Pime (cinque dei quali martiri e otto vescovi o prefetti apostolici!), con pochissimi mezzi e difficoltà enormi da superare. La storia del cristianesimo delle origini si ripete anche nel nostro tempo: lo Spirito Santo non va mai in pensione, non riposa mai e non va mai in vacanza. Compie miracoli anche oggi, specialmente nella “missione alle genti”, fra i popoli ancora lontani da Cristo.
Piero Gheddo
Mondo e Missione – giugno 2011
La storia del Pime in Birmania è raccontata da padre Piero Gheddo nel volume “Missione Birmania – I 140 anni del Pime in Myanmar 1867-2007”, Emi 2007, pagg. 422, Euro 16.
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