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Il 15 marzo 2008 Benedetto XVI ha firmato il decreto che riconosce “Venerabile” padre Clemente Vismara, un cristiano che ha praticato in modo eroico le virtù evangeliche. Quando verrà approvato, a Dio piacendo, uno dei sei supposti “miracoli” ottenuti per sua intercessione nella diocesi di Kengtung, dove il vescovo (oggi emerito) mons. Abramo Than, ha promosso la sua devozione, Clemente sarà proclamato Beato della Chiesa universale. Nella mia ultima visita in Birmania nel 2002, mi ha commosso vedere la sua immaginetta di nonno sorridente e buono posta accanto a Cristo o a Buddha o sull’altarino degli antenati in molte abitazioni private, scuole, locali pubblici, persino in una piccola pagoda buddhista.
La notizia è importante per la missione alle genti, tema centrale della nostra rivista e di questa piccola rubrica mensile. I lettori già conoscono il Venerabile Clemente (1897-1988), morto a 91 anni dopo 65 di vita missionaria, uno dei fondatori della diocesi di Kengtung in Birmania, che i vescovi birmani l’avevano proclamato “Patriarca della Birmania” quando compiva gli 80 anni e oggi già venerato “il Santo dei bambini”. Perché importante? Perché Clemente rappresenta bene le virtù dei missionari nella storia del Pime e della Chiesa e i valori da tramandare alle generzioni future. Come tutti sappiamo, nell’ultimo mezzo secolo la missione alle genti è cambiata radicalmente, sempre però continuando ad essere quello che Gesù vuole: “Andate in tutto il mondo, annunziate il Vangelo a tutte le creature”. Ma i metodi nuovi (responsabilità della Chiesa locale, inculturazione, dialogo interreligioso, ecc.) debbono essere vissuti nello spirito e nella continuità della Tradizione ecclesiale che risale addirittura agli Apostoli.
Clemente è uno degli ultimi anelli di questa gloriosa Tradizione. Due aspetti importanti della sua vita, indispensabili anche oggi: la fiducia assoluta nella Provvidenza e l’amore totale al suo popolo. Non era un “pauperista”, apprezzava il denaro perchè serviva a realizzare la carità e la missione, ne chiedeva a parenti e amici. Ha fondato quattro parrocchie con tutte le strutture necessarie, manteneva 200-250 orfani e orfane, molti nullatenenti, dieci o più vedove senza casa né cibo. Ma non era mai preoccupato del futuro: si fidava della Provvidenza. Il 9 maggio 1962 scriveva al nipote Innocente Vismara: “La spesa totale in un anno si aggira sui quattro milioni di lire. Non tengo conti perchè ho timore che poi Dio se l’abbia a male: vado avanti ad occhi chiusi, è meglio”. Suor Battistina Sironi di Maria Bambina che è stata con Clemente negli ultimi trent’anni della sua vita a Mongping, nel febbraio 1993 mi diceva: “Padre Clemente non teneva nessun tipo di contabilità. Riceveva aiuti dagli amici in Italia e in America perchè scriveva molto e spendeva quel che riceveva. La borsa era vuota, ma il giorno dopo era piena. Non ha mai fatto conti né preventivi né bilanci di spesa. Quando aveva bisogno di soldi, frugava nella borsa e misteriosamente ce n’era sempre”.
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Il 21 settembre 1978 scriveva ad un amico italiano: “Non te la scaldare tanto per i soldi. Se me li mandano, bene, se non li mandano non me ne importa. La Provvidenza c’è e la devo ringraziare… Più si dona e più si riceve, niente paura”. Ad un altro amico il 18 febbraio 1964: “Il denaro è come la paglia: vola via. Io poi sono sempre impegnato in costruzioni e sono spese da orbi. Ma la Provvidenza c’è sempre”. Ringrazia un parente in Italia per le 100.000 lire che gli ha mandato e aggiunge (22 settembre 1961): “Perdiamo, perdiamo quaggiù, se vogliamo ricevere lassù quello che abbiamo perduto. La mia è un’amministrazione un po’… apostolica. Non ho tempo né testa per tenere registri, vado avanti a occhi chiusi, non tengo registrazione alcuna. Spendo, spendo e vedo che ce n’è sempre”.
Clemente era innamorato del suo popolo, specie dei piccoli e degli ultimi. Aveva in media dai 200 ai 250 orfani e diceva: “Questi orfani non sono miei, ma di Dio e Dio non lascia mai mancare il necessario”. Viveva alla lettera quanto dice Gesù nel Vangelo: “Non preoccupatevi troppo dicendo: ‘Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Come ci vestiremo?’. Sono quelli che non conoscono Dio che si preoccupano di tutte queste cose… Voi invece cercate il Regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà in più” (Matt. 6, 31-34). Utopia? No, in Clemente era una realtà vissuta, che gli portava la gioia nel cuore nonostante tutti i problemi che aveva.
Piero Gheddo
maggio 2008
Pubblicato con il permesso del Pime
(18/7 R. Perin – Direttrice dell’Ufficio Storico del Pime)
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