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Non finirò mai di ringraziare Dio che mi ha dato la fede e mi ha chiamato ad essere sacerdote e missionario. Dopo 59 anni di sacerdozio, debbo dire che sono felice e pienamente realizzato. Ringrazio anche i miei genitori, Rosetta e Giovanni, che quando si sono sposati nel 1928 hanno chiesto al Signore molti figli e che almeno uno si facesse prete. La fede mi è stata trasmessa in famiglia e in parrocchia, ma poi l’ho maturata a poco a poco, cercando di osservare i Comandamenti di Dio, pregando, studiando e facendo il mio dovere. Ordinato sacerdote nel 1953, i superiori del Pime mi hanno messo nel giornalismo e ho collaborato con vari giornali, fra i quali anche”Il Giornale” di Indro Montanelli, che mi diceva: “Tra me e te il fortunato sei tu perchè hai ricevuto la fede e sei sempre contento, sorridente e vuoi bene a tutti; io non l’ho ricevuta, soffro di depressioni e insonnia e mi chiedo: “Cosa sarà di me quando morirò? Che senso ha la mia vita?”. Nella mia vita ho capito due verità:
1) La fede è un dono di Dio, ma si ottiene e si mantiene con la preghiera. Io l’ho ricevuta in famiglia, ma poi quante difficoltà per mantenerla! Bisogna sempre dare a Dio il nostro tempo con la preghiera e osservare i Comandamenti.
2) Se la fede è solo una stanca abitudine, non conta nella vita; se invece diventa amore e passione per Cristo, allora porta l’uomo alla serenità e felicità. Il cristiano deve innamorarsi di Cristo e questo amore diventa il motore e il senso della sua vita, dandogli forza nelle vicende gioiose e tristi che tutti abbiamo.
Visitando una novantina di paesi di missione, ho capito la grande differenza fra la ricchezza che Cristo ci comunica attraverso la fede vissuta con entusiasmo e la povertà spirituale in cui vivono coloro che ignorano la “buona notizia” del Vangelo. Spesso mi hanno detto: a parità di condizioni, il cristiano vive meglio del non cristiano, ha coscienza dei propri diritti e doveri, si sviluppa di più, è aperto alle necessità degli altri, è sereno e pieno di speranza, si preoccupa dei poveri e del bene pubblico. Pensare che tutte le religioni si equivalgono, è un’idea sbagliata. La differenza è la “radicale novità di vita” portata da Cristo: Dio è Amore. Tutti i popoli pregano (non esistono popoli atei!), ma non conoscono Dio, lo immaginano lontanissimo dall’uomo e inconoscibile. Cristo ha rivoluzionato la storia dell’uomo rivelando che Dio è Amore.
Alla domanda “chi è per te Gesù Cristo?”, rispondo: E’ tutto il mio amore, tutta la mia gioia, l’unico fine a cui cerco di orientare i miei pensieri, le mie azioni. Non sempre ci riesco, ma a lui ho consacrato la mia piccola vita. Un amico mi ha chiesto: “Ti sei mai innamorato?”. Gli ho risposto: “Oh sì, mi sono innamorato di Gesù, altrimenti non sarei prete e missionario”. Quando si fa l’esperienza dell’amore di Cristo, vale la pena di lasciare tutto per avere la “perla preziosa” della parabola evangelica (Matt. 13, 45-46). Chiedo al Signore di rinnovarmi ogni mattino il gioioso stupore e l’entusiasmo della mia prima Messa, di concedermi il dono delle lacrime per commuovermi pensando che io, povero peccatore, chiamo sull’altare il mio Dio e lo distribuisco in cibo all’umanità affamata. Mi chiedo spesso se l’annunzio che faccio di Cristo, con la vita e la parola, è sempre un messaggio di quella gioia che l’angelo comunicò ai pastori nella “notte santa”:
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Vi annunzio una bella notizia
che darà gioia a tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide,
è nato il vostro Salvatore,
il Cristo, il Signore” (Luca, 2, 10-11).
Piero Gheddo
Nuovo Progetto – Sermig
marzo 2012
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