Ricevo il quotidiano cattolico “L’Eco di Bergamo” che mi mandano in omaggio perché in passato ho collaborato a questo giornale. Mi stupisce un fatto che non trovo nella stampa quotidiana “laica” (e trovo anche nell’altro giornale cattolico “Avvenire”) e che spiega almeno in parte perché il bergamasco è una regione d’Italia in cui si mantiene una forte fede e un’atmosfera culturale ispirata al Vangelo. “Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei”, si diceva una volta e “L’Eco di Bergamo” dimostra la verità di questa massima. Vent’anni fa circa, predicavo una giornata missionaria a Calcio. Al mattino presto della domenica esco per la cittadina e vedo in un’edicola due pacconi di giornali alti mezzo metro, vicino a piccoli pacchetti con gli altri quotidiani. L‘edicolante mi dice: “Vendiamo più Eco di Bergamo che tutti gli altri giornali messi assieme”. Questo dà l’idea di com’è la provincia bergamasca.
Cosa mi stupisce nell’Eco? Che dà grande spazio ai fatti positivi della vita, è un giornale contro-corrente rispetto alla stampa nazionale. Il quotidiano di Bergamo (come “Avvenire”) non tace i fatti negativi, ma dà spazio a tantissimi esempi di persone e famiglie che, nella loro umanità e debolezza, tentano di vivere una vita secondo il Vangelo. E’ soprattutto un giornale attento alla cronaca locale e scorrendo le sue pagine a volte mi dico: ma guarda quanta brava gente c’è da quelle parti! La buona gente c’è dappertutto, è che solo i giornali cattolici la mettono in risalto, gli altri no! I buoni esempi sono contagiosi, creano una cultura, una mentalità, un ambiente sociale in cui è più facile capire l’importanza e la bellezza della fede e della vita cristiana.
Perché scrivo questo? Perché il 31 gennaio 2006 le pagine dedicate alla “Vita bergamasca” nell’Eco di Bergamo erano aperte da un paginone con un titolo a tutta pagina: “Dieci figli cresciuti a pane e don Bosco”. E’ la storia della famiglia Panfilo di Vilminore. Il padre Roberto (nato nel 1906) era un “trovatello” allevato in una famiglia cristiana, faceva il camionista e pregava sempre: “Quando guidava cantava il Te Deum e il Tantum Ergo”, dice il primo figlio, monsignor Giacomo, oggi arciprete di Clusone. Dei dieci figli di Roberto e Antonia Capitanio, quattro sono diventati sacerdoti (uno già morto), fra i quali mons. Francesco Panfilo (nato nel 1942), salesiano vescovo di Alotau-Sideia, la diocesi della Papua Nuova Guinea in cui lavorano i missionari del Pime e dove nel 1855 è stato ucciso, a Woodlark, Giovanni Mazzucconi beatificato da Giovanni Paolo II nel 1984. Il figlio minore di dieci era l’unica femmina, Ottavia, di cui mons. Giacomo dice: “E’ la custode di tutti noi, è lei che crea occasioni per farci ritrovare, è lei che segue noi fratelli sacerdoti ed essendo cresciuta con noi porta nel cuore don Bosco e tutti i suoi insegnamenti”.
Quando si sono sposati, i coniugi Panfilo “hanno fatto il voto di recitare assieme il Rosario tutti i giorni e lo hanno sempre recitato, come continuiamo a fare noi loro figli”. La mamma ricordando i tempi passati (è morta nel 1997) diceva spesso: “Se al mattino non vado a Messa, la giornata comincia male, mi manca qualcosa, mi manca il Signore”. Quando i Panfilo sono andati in udienza privata da Giovanni Paolo II, il Papa ha messo la mano sul capo di mamma Antonia e le ha detto: “Brava, brava!”. Roberto e Antonia hanno educato i loro figli con l’esempio e con “insegnamenti semplici, dettati dal cuore e da una grande fede che vinceva la nostra povertà”.
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Come i lettori sanno, il 18 febbraio 2006 è iniziata la causa di canonizzazione di Rosetta e Giovanni Ghesso. Alcuni mi dicono: “Perché tuo papà e tua mamma, che non hanno fatto nulla di straordinario?”. Io rispondo: “Lo straordinario era la loro vita cristiana autentica, eroica”; e aggiungo: “Sono convinto che di genitori come i nostri ce ne sono tantissimi, ma rimangono nell’ombra, la stampa laica non ne parla o li liquida in poche righe”. Ecco, “L’Eco di Bergamo” e “Avvenire” mettono in risalto numerose storie esemplari, dedicando loro molto spazio. Ma poi è tutto il giornale cattolico che orienta la vita, che dà una lettura dei fatti quotidiani illuminata dalla fede e dall’appartenenza alla Chiesa fondata da Gesù e ci mantiene nello spirito del Vangelo. “Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei”: chi legge abitualmente giornali laici, laicisti o peggio ancora anti-cristiani e anti-ecclesiali, com’è possibile che si formi una mentalità cristiana?
Piero Gheddo
maggio 2006
Pubblicato con il permesso del Pime
(18/7 R. Perin – Direttrice dell’Ufficio Storico del Pime)
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