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Di tanto in tanto, vengo «provocato» nel corso di incontri o dibattiti, a parlare di un tema spinoso quale la colonizzazione dei Paesi poveri. Talvolta si rivolgono a me per un parere studenti o amici. Massimo Ciacchini di Livorno, ad esempio, mi scrive: «Caro padre, lei ha viaggiato molto in Africa e la studia da tanti anni. Le chiedo un favore. Mio figlio deve fare una tesina sulla colonizzazione e decolonizzazione del continente africano. Gli dia qualche idea su cui lavorare». Conosco abbastanza l’Africa, credo di averne visitato una trentina di Paesi e alcuni più volte, ma non ho scritto nulla di specifico sull’argomento colonizzazione e decolonizzazione, anche se in diversi miei libri ho toccato il tema. Nel corso degli anni, ho maturato alcune idee generali, che provo qui ad esporre.

1) La colonizzazione è stata un fenomeno storico ambivalente. Da un lato possiamo considerarlo molto positivo: ha aperto i popoli a quello che è il mondo moderno con i diritti dell’uomo e della donna, il progresso tecnico-scientifico, la democrazia, la scuola e la medicina moderne, ecc. Il cosiddetto «mondo moderno» è nato in Europa da radici cristiane e poi è stato diffuso dagli europei, spesso con metodi disumani come lo schiavismo in Africa. Dall’altro lato la colonizzazione è stato un fenomeno negativo perché i colonizzatori non hanno formato una classe media capace di sostenere il proprio Paese; inoltre, hanno portato il mondo moderno, ma non l’esempio di Cristo e il Vangelo; o meglio, i missionari hanno testimoniato il Vangelo e la carità cristiana, ma in misura minima rispetto al fenomeno complessivo della colonizzazione in Africa.

2) Anche la decolonizzazione dell’Africa dopo la seconda guerra mondiale, quando l’Occidente era stremato e i popoli ormai coscienti del diritto all’indipendenza (almeno le poche élites istruite), è stato un fenomeno con luci e ombre. Positivo da un lato, perché ha ridato ai popoli africani la loro libertà; ma negativo dall’altro perché l’ha fatto senza preoccuparsi troppo di cosa sarebbe successo dopo! Non pochi Paesi dell’Africa nera all’indomani dell’indipendenza sono precipitati in dittature personali o di etnia, in regimi comunisti che hanno peggiorato i danni della colonizzazione, creando Paesi che da molti anni vivono nel caos o nella guerriglia (la Somalia è un esempio, ma purtroppo non è il solo!).

3) Oggi dovremmo riparare i danni della colonizzazione troppo egoista e della decolonizzazione troppo rapida e senza quasi preparazione dei popoli all’indipendenza. Esempio classico il Congo belga (oggi Repubblica democratica del Congo), esteso sette volte l’Italia e con 15 milioni di abitanti nel 1960. Il 1° luglio di quell’anno giunge all’indipendenza con soli 14 laureati, alcuni dei quali purtroppo educati a Mosca all’odio verso l’Occidente. Sale al potere uno di questi, Patrice Lumumba, che una settimana dopo l’indipendenza espelle tutti gli stranieri e specialmente i belgi che tenevano in piedi l’economia, i trasporti, gli aerei, le banche, i commerci internazionali, la medicina e gli ospedali, le scuole superiori, la polizia e l’esercito, ecc. In un mese il Congo è precipitato nel caos! Non si parla mai dei danni gravissimi che un’ideologia disumana come il comunismo, sostenuto dalle sinistre europee, ha prodotto in Africa.

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In Europa oggi, quando si tratta di aiutare i Paesi poveri parliamo sempre e solo di soldi: debito estero, prezzi materie prime, giustizia internazionale, piani di sviluppo, ecc. Ma il sottosviluppo non viene dalla mancanza di soldi, bensì dalla mancanza di educazione del popolo, da culture e mentalità e religioni non ancora evolutesi (ad esempio l’islam), di strutture sociali non adeguate ecc. Lo sviluppo viene anzitutto dall’educazione, dalla libertà di pensiero e di religione. Quindi non basta mandare molti soldi (anche se bisogna continuare a farlo). Non può bastare. Il vero problema è di aiutare i governi ad educare i loro popoli, anche inviando personale scolastico, medico, tecnico che si adatti a vivere a livello di popolo e ad educarlo. È quello che fanno i missionari e i volontari laici, che donano la vita o qualche anno della loro esistenza. Ma questi sono ignorati dai mass media! D’altra parte, come si fa a mandare volontari, missionari, operatori sociali, se non abbiamo più una vita cristiana in Italia e diminuiscono le famiglie cristiane?

Piero Gheddo

Mondo e Missione – dicembre 2007

Pubblicato con il permesso del Pime
(18/7 R. Perin – Direttrice dell’Ufficio Storico del Pime)

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