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Cinquant’anni fa moriva padre Raffaello Maglioni (1891-1953), missionario del Pime ad Hong Kong, studioso di archeologia e linguistica del continente cinese. E’ un esempio insigne da ricordare, per comprendere l’opera dei missionari cristiani in favore delle culture e lingue dei popoli evangelizzati. Molto spesso, nel mondo non cristiano, proprio i missionari sono stati i primi a dedicarsi a questi studi, a raccogliere materiale prezioso che altrimenti sarebbe andato disperso.
Raffaello Maglioni nasce a Pontassieve (Firenze) nel 1891, diventa sacerdote diocesano di Firenze nel 1915, è cappellano militare nella prima guerra mondiale (1915-1918) e poi si dedica all’apostolato, fondando circoli giovanili d’Azione cattolica e opere di carità. A 36 anni entra nel PIME e parte per Hong Kong nel 1928, dove rimane fino alla morte il 27 maggio 1953. Maglioni è stato un buon missionario nelle regioni rurali del Hoifung (regione cinese un tempo inglobata nella diocesi di Hong Kong), con grande spirito di adattamento e amore al suo popolo; ma soprattutto ha seguito la sua vocazione di studioso, dedicandosi alle ricerche archeologiche e linguistiche.
La sua opera più celebrata è il dizionario della lingua “hoklò” parlata nel Hoifung, molto difficile e complessa: raccolse e studiò 12.OOO vocaboli, segnando per ciascuno di essi la traduzione italiana, i geroglifici della scrittura cinese e la romanizzazione (cioè il suono scritto in lettere latine), con i segni speciali per distinguere i vari “toni”. Un’opera oggi più che mai preziosa, dato che le lingue secondarie e i dialetti cinesi tendono a scomparire, per la diffusione del cinese “mandarino” (di Pechino) attraverso la scuola e la televisione. Gli studiosi si meravigliano di come Maglioni abbia potuto, in circa vent’anni nel Hoifung, raccogliere e studiare una massa così grande di materiale linguistico; tanto più che era partito per la Cina a 38 anni!
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Ma il merito principale di padre Maglioni è nel campo dell’archeologia: continua e supera l’opera del suo primo maestro, il gesuita irlandese padre Finn. Non era un uomo di mezze misure: si forma una biblioteca specializzata e studia da autodidatta. Le sue ricerche e scoperte nel sud della Cina (in 25 insediamenti umani preistorici nella provincia del Kwantung) sono così importanti, che nel 1938 è invitato al “Congresso Archeologico dell’Estremo Oriente” a Singapore per tenervi una relazione.
Nel 1946 porta ad Hong Kong (era parroco della cattedrale) il molto materiale degli scavi che aveva fatto in Cina e comincia a catalogarlo e studiarlo. Prepara uno studio sistematico intitolato “The Prehistory of South China”, il cui manoscritto di 700 cartelle (250.000 parole) era quasi pronto per la stampa quando muore improvvisamente il 27 maggio 1953. Lascia anche una lunga serie di articoli e conferenze che illustrano le tecniche e i risultati delle sue importanti ricerche e scoperte. Il vescovo di Hong Kong, mons. Lorenzo Bianchi, per essere sicuro che l’enorme quantità di materiale raccolto da Maglioni, e i suoi scritti, non andassero dispersi, dona tutto all’Università locale. Nel 1975 la “Collezione Maglioni” è trasferita nel nuovo “Museo di Storia” dell’allora colonia inglese e la “Hong Kong Archeological Society” pubblica una ricca monografia su padre Maglioni dal titolo “Archeological Discovery in Eastern Kwantung” (Scoperte archeologiche nel Kwantung orientale), tradotta e pubblicata in cinese dall’Università di Shantou nel 1994. Un certo numero di reperti archeologici di Maglioni sono esposti al “Museo Popoli e Culture” del Centro missionario Pime a Milano.
Per dare un’idea della vastità del materiale raccolto dal missionario toscano, basti dire che i soli reperti del Hoifung (meno di metà del totale) sono circa 600 kg. di terrecotte, tra cui 26 anfore e numerosi altri recipienti interi, oltre ad altri oggetti fra cui 400 asce di pietra di vario tipo. La sua “Collezione” è una delle più importanti del Museo di Storia di Hong Kong. Alla morte di padre Raffaello Maglioni nel 1953, un protestante scrisse sul “South China Morning Post”: “La innata gentilezza e la natura profondamente religiosa di padre Raffaello Maglioni, associata alla magnifica vivacità dei suoi connazionali, lo rendevano veramente piacevole: conoscerlo voleva dire amarlo. La scomparsa dell’uomo può commisurarsi solo alla incalcolabile perdita subita dalla Scienza”.
Piero Gheddo
maggio 2003
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